POLOVERS

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Buongiorno Direttore!

 

Lei per tanti anni ha lavorato alla guida dell’Istituto Italiano di Cultura a Cracovia. La sua in Polonia è stata una missione istituzionale per noi preziosa perché ricca d’impegno e animata da grande passione, un bellissimo capitolo nella storia di amicizia fra Italia e Polonia che ora lascia spazio a nuovi entusiasmanti progetti personali, vero? Ecco, ci racconti, siamo curiosi di sapere! 

 

  • Come si dice in Italia: “si chiude un cancello e si apre un portone”, vero? È stato così anche nel suo caso rientrando a Roma da Cracovia? Cosa lascia dietro di sé e cosa intravede da questo portone aperto? Cosa c’è all’orizzonte?

Lasciare Cracovia non è stato facile, ma “panta rei” ed avendo fatto il massimo del periodo di permanenza in sede, dovevo rientrare in Italia, seppur con magone. È stata un’esperienza unica dal punto di vista professionale e umano: questi due fronti di esperienza comune mi hanno fatto crescere avendo contribuito a portare l’Istituto di cultura a dei livelli alti e rappresentativi attraverso eventi significativi, incontrando persone straordinarie. Come sempre dico: in questo lavoro si incrocia il mondo! Nel rientro a Roma ho lavorato per un periodo alla collezione Farnesina di Arte contemporanea, che mi ha dato altrettante soddisfazioni e da qualche mese collaborò con il Cepell, Ente dipendente dal Ministero della cultura per la promozione del libro, particolarmente impegnato nel settore traduzioni. All’orizzonte dovrebbero esserci altre collaborazioni con l’Università di Napoli, Luigi Vanvitelli e con altre associazioni di ambito culturale, senza perdere il focus sull’Istituto polacco di Roma, dove recentemente è arrivata una bravissima direttrice. 

 

  • Durante la sua esperienza in Polonia immagino che ogni giorno sia stato una sfida: nuovi contatti, proposte, incontri, eventi… sicuramente non è stato un lavoro di routine!

Ci può portare due esempi significativi delle attività svolte? Ad esempio una mission impossibile, particolarmente ingarbugliata che ha sconvolto il suo ufficio? O invece un caso memorabile, piacevole e gradito, oppure divertente? 

 

Paradossalmente non ci sono state missioni impossibili durante il mio mandato perché mi sono sentito accolto dal tessuto culturale della città e dalla circoscrizione di competenza territoriale dell’Istituto, dove abbiamo svolto numerosi eventi in collaborazione con le municipalità di Zabrze, Katowice, Bielsko Biała, Częstochowa, insieme anche alle università del territorio. Ma l’evento che ha richiesto più energie e ha scombussolato letteralmente l’attività dell’Istituto è stato quello del concerto del violino Sivori del XVIII secolo, suonato da Paganini che appartiene al Museo di Genova: a due giorni dello scoppio della guerra in Ucraina, quindi 26 febbraio, in sintonia con l’ambasciata d’Italia a Varsavia, col comune e la Filarmonica di Cracovia, con tutti i sistemi di sicurezza del caso, abbiamo dato una risposta di pace e di bellezza a chi vuole impedirci di pensare in libertà con un evento di risonanza nazionale in Polonia e Italia!!! 

 

  • È di recente venuto a mancare il prof. Wojciech Narębski, studioso e combattente del 2° Corpo d’Armata polacco – una persona di grande umanità, molto amata e apprezzata anche dagli Italiani. Lei ha avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo, come concittadini a Cracovia avete avuto il modo di vedervi e conversare. Le va di condividere con noi la memoria di questi incontri?

Il professor Narębski è stato un punto di riferimento costante per l’Istituto: appena sono arrivato a Cracovia, ho ricevuto la sua visita in Istituto e devo dire che da allora non ci siamo più persi. Permettetemi di chiamarlo Wojtek, perché per me è stato un faro nella ricostruzione storica dei rapporti tra i due paesi, tra i fondatori dell’associazione dell’amicizia Italia Polonia “Francesco Nullo”, profondo conoscitore della cultura del nostro paese, persona unica nel suo genere, eroe di Montecassino, la cui memoria ha portato avanti in questi anni. Mi sembrava doveroso dedicargli un libro, che è stato pubblicato durante il periodo difficile del Covid ed è stato un regalo per lui, meritato e commovente, di cui tutta la comunità di amici e professionisti a lui vicina va orgogliosa. Lascia un grande vuoto, ma la sua memoria resta indelebile! 

 

  • Le mancherà qualcosa della Polonia in generale e di Cracovia in particolare nella sua vita romana? C’è qualcosa a cui si è abituato in questi 8 anni di lavoro, che magari in origine ha trovato più difficile accettare?

Durante il mio mandato ho scoperto un paese in grande evoluzione, un paese che “funziona”  nei termini moderni di infrastrutture, di apertura, di modernizzazione, di grande curiosità verso tutto ciò che parla, in particolare, dell’Italia. Unico ostacolo iniziale la lingua, ma può sembrare paradossale, una lingua che ho imparato ad amare e che ho trovato stupefacente e musicale. E poi, mi sono innamorato della cultura polacca, della sua poesia e letteratura, della sua storia! 

 

  • Si ritiene soddisfatto della sua missione in Polonia? È pienamente riuscito nel suo intento di trasmettere ai polacchi tutto quanto desiderava sulla sua amata Italia?  Oppure c’è qualcosa che vorrebbe il suo successore continuasse a divulgare/promuovere come IIC?

Chi mi ha sostituito, il collega Matteo Ogliari con cui sono in contatto, ha il mio stesso entusiasmo e sono certo che durante il suo mandato porterà avanti grandi progetti di qualità rafforzando le relazioni culturali tra i due paesi e dando maggiore lustro al nostro Istituto, che gode di un prestigio particolare in Polonia: non poteva esserci miglior passaggio di consegne nella continuità del mio lavoro ma anche del rinnovamento! 

 

  • Un anno fa conobbe e accolse i Polovers, ricorda? Ci può dire chi o cosa in particolare l’ha fatta innamorare della Polonia? Sicuramente ci saranno tanti ottimi motivi 🙂ma se può ci racconti quello più inaspettato, che gli Italiani non conoscono. 

Innanzitutto, mi congratulo sinceramente con l’iniziativa che ho accolto con entusiasmo sul nascere. E tra gli eventi più rappresentativi del mio ultimo periodo a Cracovia, posto senz’altro includere la presentazione del progetto con un bellissimo incontro all’Istituto ed uno dei momenti conviviali più intensi, sul piano della vicinanza e dell’empatia, organizzato all’Hotel Stary con prodotti delle eccellenze regionali, in cui si sono distinti per capacità organizzativa e dedizione tutti i componenti Polovers. 

 

  • Cosa secondo lei si può ancora fare in Italia per rafforzare l’amicizia italo-polacca?

Sicuramente, rompere certi stereotipi tra i due paesi, ma in particolare esistenti in Italia, sulla lontananza e diversità: al primo posto dei polacchi, in termini di vicinanza ed empatia, c’è il nostro paese. Nella mia esperienza lavorativa che ha avuto inizio in Centro America, passando poi per Spagna e Portogallo, posso tranquillamente affermare che, piuttosto che superare barriere stereotipate, ho riscontrato grande fratellanza, degna considerazione dell’ampia cultura del nostro paese, attrazione sincera per i nostri paesaggi e le città storiche, curiosità e conoscenza del patrimonio artistico e riferimento costante, come modello!, alla nostra tradizione culinaria. In qualsiasi città polacca si vada, non manca assolutamente un riferimento alla nostra enogastronomia, con passione e ammirazione, anche perché molti chef polacchi hanno appreso la loro arte nelle cucine italiane e anche questo è un vero segno di amicizia tra i due popoli, manca solo far conoscere in Italia la cucina polacca, che non è da meno nella sua varietà e nella sua lunga tradizione!!! 

                                                       

 

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